Terremoti
I
sismi nati dai movimenti di zattere di roccia,
non ci lasciano mai. Ecco perché.
Disastrosi come quello che il 25 gennaio 1999 ha fatto migliaia di morti in Colombia, o impercettibili, i terremoti hanno sempre accompagnato la storia della Terra Qui facciamo il punto sugli ultimi studi, svolti con laiuto di sismografi e satelliti, di indagini storiche geologiche e statistiche Strumenti che ci hanno permesso di scoprire; per esempio, che le scosse partono dallinterno del pianeta, dove un caos di rocce più o meno fuse e in perenne movimento trasmette le vibrazioni in punti ben precisi della superficie: dove le placche, i pezzi della crosta terrestre; sono a contatto. Lì la superficie del globo è più debole, e ha subìto in passato e subisce ancora molte fratture, le faglie Tutto ciò, se non basta a prevedere con precisione i sismi, consente agli scienziati di conoscere sempre meglio i loro meccanismi. Ecco le più recenti teorie in questo campo.
Vogliamo ancora chiamarla
"terraferma"? Prendiamo un mese qualsiasi: nel novembre
del 1998 la Terra è stata scossa da oltre 200 terremoti, in
Austria e in Iran, in Cile, in Islanda, in Mongolia, in Italia e
in Argentina. Il più profondo nel Pacifico settentrionale, a
quasi 400 km sotto il fondo marino. Il più superficiale nella
California del nord, a soli 100 metti di profondità.
Ogni volta, migliaia di km2 di suolo si sono agitati
come una coperta scossa. Di qualche millimetro nel caso di scosse
deboli, anche di metri con quelle più devastanti.
3 MILIARDI DI
ANNI DI SCOSSE
Nel 92, in California, un
terremoto dellXI grado della scala Mercalli sollevò il
suolo di oltre cinque metri. Il terremoto dellIrpinia nel
1980 aprì sullAppennino, in senso nord-sud, una spaccatura
lunga circa 40 km, con un lato che si alzò di quasi un metro
rispetto allaltro. E ogni anno, in Italia, si registrano un
migliaio di terremoti del II-III grado della scala Mercalli.
I terremoti sono nati assieme alla crosta terrestre, circa tre miliardi di anni fa.
Ma quelli con cui abbiamo a che fare oggi
sono iniziati solo 220-230 milioni di anni fa, quando la crosta
terrestre, che fino a quel momento costituiva un unico blocco,
cominciò a rompersi in più pezzi, che i geofisici chiamano placche
o zolle.
Pare che la prima frattura sia stata quella che separa la placca
americana da quelle eurasiatica e africana, dalla Groenlandia
alla Terra del Fuoco.
Dalla crepa cominciò a uscire magma che per farsi spazio spinse
da una parte e dallaltra i due semicontinenti alla
velocità di 10-20 centimetri lanno, creando la piattaforma
delloceano.
Altre spaccature, le dorsali oceaniche, si crearono
successivamente e oggi avvolgono il globo come in una rete
subacquea lunga 64 mila km.
CONTINENTI ALLA
DERIVA
Una divise dallodierno
Madagascar il blocco della penisola indiana e lo spinse contro
lAsia, generando nellurto lHimalaya. Fino ad
oggi sono state identificate sette placche grandi e 12 piccole.
Alcune, come quella del Pacifico, sono quasi per intero ricoperte dalloceano. Altre, come quella nordamericana o quella eurasiatica, comprendono oltre ai continenti anche ampie aree sommerse. Appena formate, le placche cominciarono ad andare alla deriva e non si sono più fermate, spinte dal magma che esce alle dorsali oceaniche. Alla nuova crosta che si forma con il raffreddamento e la solidificazione del magma, corrisponde al lato opposto della placca una fascia di vecchia crosta terrestre che simmerge sotto la placca vicina (per un fenomeno detto subduzione). In queste zone, in cui la crosta terrestre è meno compatta, si trova anche la maggior parte dei vulcani, perché il magma trova facilmente la strada per la superficie.
LA TETTONICA A
PLACCHE
La teoria della tettonica a
placche fu messa a punto negli anni 60 da Jason Morgan,
Dan McKenzie e Xavier Le Pichon. Da allora è stata verificata
con molte prove. Le dorsali oceaniche sono state
"fotografate" dalle navi oceanografiche e i movimenti
delle placche vengono controllati sfruttando segnali inviati dai
satelliti o le emissioni di lontani corpi stellari, che vengono
usati come punti di riferimento esterni al globo: se i segnali
raccolti periodicamente dalle stazioni situate su due placche
subiscono variazioni, vuol dire che una o tutte e due le
stazioni, e quindi le placche, si sono mosse.
Qualcuno però ancora non accetta totalmente questa teoria: alcuni scienziati russi ritengono che i movimenti delle placche siano soprattutto verticali e che producano trasformazioni della crosta continentale in crosta oceanica e viceversa, mentre Warren Carey, australiano, sostiene che i fenomeni sismici sono dovuti a unespansione del pianeta.
VELOCITÀ: 5 CM
LANNO
A una velocità media per tutto il
globo stimata in cinque cm lanno, ogni placca scivola lungo
il fianco dellaltra o vi spinge contro e ognuna oppone
resistenza al movimento dellaltra. Lungo le zone di
contatto e per una fascia che di solito è larga un centinaio di
chilometri, si creano fratture, crepe e smagliature parallele, ma
anche perpendicolari, a quella principale. I geologi le chiamano faglie
e sono le incubatrici dei terremoti.
Infatti, il sisma è dovuto al movimento improvviso dei due lati della faglia, impegnati in un eterno braccio di ferro geologico, durante il quale si accumula energia.
Quando la pressione supera la capacità di resistenza delle rocce, esse cedono di colpo: è il terremoto. Il 70 per cento dei terremoti avviene lungo i margini della placca pacifica e il 20 per cento lungo la fascia alpidica, che parte dal centro dellAtlantico, passa per il Mediterraneo e raggiunge lHimalaya.
I terremoti lungo la costa californiana, dove placca pacifica e americana si toccano, sarebbero dovuti allo scorrimento della prima verso nord e della seconda verso sud. Al lato opposto, quelli del Giappone sarebbero dovuti allo scorrimento della placca pacifica sotto quella eurasiatica.
Lenergia necessaria per spostare intere masse continentali viene, sotto forma di calore, dallinterno della Terra. Quel calore è in parte quello che rimase imprigionato laggiù al momento della formazione del pianeta, in parte è dovuto al decadimento di sostanze radioattive, come luranio, che provengono dalla materia originaria da cui si formarono il Sole e gli altri pianeti. Perciò, insieme ai vulcani, i terremoti sono lunico fenomeno che ci collega direttamente alla vita primordiale del nostro pianeta.
Il calore del nucleo interno della Terra (fatto di ferro a 4 mila - 10 mila gradi di temperatura, reso solido dalla pressione di 3,5 milioni di atmosfere) si trasmette al nucleo esterno, fatto di ferro e nichel fusi, quindi liquido, e spesso 2.200 km. Da qui il calore passa alla parte inferiore del mantello e da questo, infine, alla parte superiore. Il mantello è fatto di rocce fuse che, a causa della pressione, si comportano come una sostanza plastica. la cui rigidità aumenta a mano a mano che si sale in superficie (e la temperatura diminuisce), fino a diventare la solida crosta terrestre. Questo strato è spesso 700 km e i 50 km superiori costituiscono la litosfera, cioè le placche terrestri.
VERSO LA
RIUNIFICAZIONE
La trasmissione del calore tra gli
strati, e allinterno dello stesso strato, avviene per convezione:
la parte più calda sale verso la superficie, scorre lateralmente
e, quando si raffredda, scende. Nella fase di scorrimento
laterale in superficie agisce sulle placche, facendole muovere.
Finiranno un giorno i terremoti? Sembra di no. Secondo gli scienziati, i continenti si allontanano e riavvicinano seguendo un ciclo della durata di 400-450 milioni di anni. Oggi saremmo alla fine del processo dallontanamento: tra circa 200 milioni di anni si tornerà alla riunificazione in un continente solo. E poi si ricomincerà.
Sappiamo
dove e perché avvengono i terremoti.
Quello che ancora non si riesce a prevedere
con sufficiente precisione è quando avverranno.
Nel 1980 due scienziati del Geological survey americano annunciarono le date precise in cui tre terremoti avrebbero colpito il Perù lanno seguente. Per fortuna si erano sbagliati.
Cinque anni prima i sismologi cinesi si accorsero che nella zona di Haicheng lattività sismica era cessata di colpo, dopo essere aumentata per anni. Ne conclusero che era imminente un forte terremoto e lanciarono lallarme.
La scossa arrivò puntualmente e distrusse il 90 per cento degli edifici, ma le vittime furono pochissime, perché gli abitanti erano fuggiti in tempo. Sappiamo dove avvengono i terremoti e perché succedono, ma non possiamo prevedere quando un terremoto colpirà in un certo punto. Perché? Sono fenomeni che si scatenano in pochi secondi, ma i cui presupposti si creano nel corso di secoli. E si generano a grandi profondità, dove non possiamo arrivare con losservazione e gli strumenti.
DOMANDE SENZA
RISPOSTA
Inoltre sismologia e geofisica sono
scienze giovani. Lesistenza del nucleo della Terra è stata
scoperta solo a metà degli anni 30. Ciò che sappiamo
sulla costituzione dellinterno della Terra e sulla
tettonica a placche lo dobbiamo soprattutto allo studio delle
onde sismiche.
Che però, finora, non ci ha permesso discoprire molto. Per
esempio, sotto le dorsali oceaniche e sotto i vulcani le onde
sismiche vanno ad una velocità che corrisponde alla temperatura,
ma sotto i continenti viaggiano a velocità maggiore di quella
che la temperatura consentirebbe.
E probabile quindi che in questo caso le rocce abbiano una
composizione diversa, ma non sappiamo quale. E poi le rocce della
crosta hanno una densità minore di quella media del pianeta.
Quindi sotto ci sono rocce più dense, ma non sappiamo perché e
di quanto.
LA TERRA?
E LIQUIDA
Sono molti i misteri del mondo
sotto i nostri piedi. Uno riguarda il calore che lo agita. La
teoria della tettonica a placche ipotizza lesistenza di
"celle convettive" nel mantello, in ognuna delle quali
il meccanismo di risalita e discesa delle masse calde e fredde
avverrebbe in maniera indipendente dalle altre.
Ma nessuno sa quante siano queste celle, che dimensioni abbiano, come sia distribuita la materia alloro interno. E se, addirittura, non esista un doppio sistema di celle, uno più basso e uno più alto. Altri misteri? A causa della pressione e della temperatura il mantello terrestre si comporta come un fluido molto viscoso, ma non si sa bene come reagisca al calore, come si deformi sotto il peso delle placche e come trasmetta il moto alle placche stesse. Inoltre, è vero che le placche si muovono sotto lazione del mantello, ma è anche probabile che le spinte siano reciproche e che le placche, muovendosi, trascinino con sé una parte della massa del mantello, con un meccanismo di causa ed effetto. E poi cè la presenza in mezzo alle masse calde di corpi più freddi, forse pezzi di vecchia crosta terrestre non ancora dissolta. A volte si rompono e producono anchessi terremoti.
LARCHEOLOGIA
DEI DISASTRI
Dalla soluzione di questi misteri
dipende la risposta alle domande più importanti. Quanta energia
sta immagazzinando una faglia? Da quanto tempo? Fino a quando le
rocce resisteranno? In attesa di saperne di più i sismologi
cercano altre strade per prevedere i terremoti, partendo da un
dato ormai certo, cioè che sono fenomeni ricorrenti entro tempi
più o meno lunghi negli stessi luoghi.
Una strada consiste nel tracciare la storia sismica del luogo. In questo lavoro tutto ciò che può contenere un indizio è utile e viene vagliato e confrontato per valutarne lattendibilità: manoscritti, atti notarili, archivi, dipinti. Altre notizie si possono ricavare dalle costruzioni del passato. Crepe e lesioni, agli occhi di un archeosismologo, possono dire molto sulla forza del sisma e sulla resistenza degli strati alle vibrazioni. Lo scopo è compilare il catalogo sismico, una specie di registro anagrafico che per ogni terremoto riporta ora, giorno e anno dellevento, in quali zone e con che intensità è stato sentito, i danni che ha provocato. Si scopre così che in certi luoghi il terremoto non supera mai una certa intensità, che in altri si ripresenta approssimativamente nello stesso arco di tempo e in altri ancora con una sequenza di scosse più o meno simile. Per saperne di più si ricorre alla geologia e alla paleosismologia. Molti terremoti lasciano tracce sul terreno e anche sotto. Si può anche scavare dentro una faglia: ogni volta che si muove si crea un dislivello, che viene poi colmato dai detriti. La successione dei dislivelli e letà dei residui possono svelare il numero dei terremoti e lepoca in cui sono avvenuti. Un altro campo in cui i sismologi indagano è quello dei segni premonitori del terremoto. Uno è il "gap sismico". Si è notato che in un sistema di faglie situate più o meno sulla stessa linea, tutto il sistema, un tratto alla volta.è colpito da terremoti.
TERREMOTI CHE
SALTANO
Non però ordinatamente da un
estremo allaltro, ma a "salti". Se un tratto non
subisce scosse da molti anni e si trova tra due già colpiti, è
probabile che anchesso presto o tardi lo sarà. Un
meccanismo del genere, ipotizzano i sismologi, potrebbe anche
riguardare il "lineamento sismogenetico" italiano,
cioè il sistema di faglie che percorrono la penisola dalla
Calabria allUmbria. Un altro segnale lo può dare la
cosiddetta "lacuna sismica",
unarea a lungo immune da terremoti, al centro di
unaltra che invece ne subisce spesso, prima o poi sarà
colpita anchessa.
Ma, si chiedono molti esperti. sarebbe davvero opportuno sapere con precisione dove e quando colpirà un terremoto? Una previsione a troppo breve termine rischierebbe, infatti, di scatenare il panico, e una a troppo lungo termine potrebbe essere trascurata. Conclusione: forse è meglio premunirsi rinforzando gli edifici nelle zone sismiche.
Lunico
modo per studiare i terremoti è aspettare
che avvengano. E confrontare i sismogrammi.
un lavoro che comporta lunghe attese. Per studiare i terremoti, i sismologi hanno un solo modo: aspettare che ci sia un terremoto. In molti laboratori si tenta di riprodurre le condizioni in cui si trovano le rocce delle faglie prima e durante il terremoto.
Campioni vengono sottoposte a pressioni altissime, fino a spezzarli, e se ne studiano intanto la resistenza, le deformazioni, le variazioni nella conducibilità elettrica. In questo modo, per esempio, si è scoperto un fenomeno al quale gli scienziati dedicano molta attenzione: quando in una roccia la pressione raggiunge la metà di quella necessaria a spezzarsi, variano sia la velocità con cui in essa normalmente si propagano le onde sismiche, sia la sua resistenza al passaggio della corrente elettrica.
Ma la realtà dei fenomeni naturali ha ben altre dimensioni e alla fine è lunica che può fornire i dati necessari.
ORECCHIE SEMPRE
TESE
Per studiare un terremoto si
osservano i sismogrammi, le tracce che lasciano sulla carta le
vibrazioni del terreno raccolte dal sismografo. Sembra poco, ma
non è così. Una scossa che raggiunga il IV - V grado della
scala Richter (tra il IV e il VII della scala Mercalli) viene
"sentita" dai sismografi di tutto il mondo. Anche se
non sono ancora tanti quanti i sismologi vorrebbero (ne mancano
negli oceani e nei deserti), sono migliaia.
Allinizio del secolo scorso il terremoto di Messina fu registrato da oltre 100 sismografi. La rete sismica nazionale italiana comprende un centinaio di stazioni sparse in tutto il territorio, ed è collegata con la rete Mednet, che ha una trentina di sismografi nel Mediterraneo, e con la rete Iris, americana.
Ci sono poi piccole reti locali che sorvegliano aree limitate del Paese. Ogni sismografo è collegato via cavo, ma anche via satellite, con un centro di raccolta dati dove gli impulsi che invia mettono in moto il pennino che traccia sulla carta il sismogramma.
Inoltre, da circa 20 anni si producono sismografi sempre più sensibili e precisi.
TERREMOTI
SILENZIOSI
Tanto che alcuni devono essere
posti in profonde caverne, lontani da ogni fonte di vibrazioni,
in campane sotto vuoto: sono cosi sensibili da avvertire a 50 km
di distanza le vibrazioni prodotte da una mareggiata o le
variazioni della pressione atmosferica.
Con sismografi di questo tipo sono stati scoperti i terremoti silenziosi, deformazioni lentissime del sottosuolo che durano anni. Si sospetta che siano provocati dal movimento di faglie a profondità di decine di chilometri nella litosfera e potrebbero essere un segno premonitore di un "vero" terremoto.
Ogni sismografo registra i movimenti del suolo in senso nord-sud, est-ovest e quelli verticali e ogni scossa dà un sismogramma. Il risultato è che di ogni scossa si ottiene un numero di sismogrammi pari a quello dei sismografi che lhanno registrata.
LA BANCA DELLE
SCOSSE
Un addetto ai lavori può ottenerli
dai colleghi sparsi per il mondo. Confrontandoli, si ottengono
molte informazioni sullintensità raggiunta dalla scossa
nelle aree circostanti lepicentro o in quelle
lontane e quindi sulla natura dei terreni attraversati dalle onde
sismiche e sulla presenza, le caratteristiche e
lorientamento delle faglie.
Tutte le reti sismiche fanno capo a loro volta a
unorganizzazione internazionale che si occupa di stabilire
le caratteristiche dei sismografi, per avere dati coerenti. I
sismogrammi di tutti i terremoti vengono infine conservati in
apposite banche dati, in modo che sia possibile riesaminarli in
ogni momento e confrontarli con i successivi. E perché possano
riesaminarli anche le generazioni future, visto che i terremoti
ci accompagneranno sempre.
LItalia tra due zolle
LItalia si trova sulla linea di contatto tra la zolla africana e quella eurasiatica.
Questa linea parte dalla dorsale oceanica atlantica, passa per il Nord Africa, taglia la Sicilia, risale la penisola lungo gli Appennini, volge a est in Veneto e in Friuli, ridiscende lungo le coste Jugoslave e finisce contro le coste della Turchia, al confine con la Siria.
Dallandamento di questa frattura si capisce perché in Italia, di fatto, solo la Sardegna sia immune dai terremoti A provocare i sismi sono i movimenti reciproci delle due placche, gli stessi che hanno generato la penisola.
Dal 1450 a. C. a oggi si hanno notizie di non meno di 30 mila terremoti e, negli ultimi 2.500 anni, ci sono stati almeno 560 terremoti forti, fortissimi e catastrofici. Sismologi e geologi ritengono che per quasi tutta la frattura che attraversa il territorio italiano la placca africana si infili sotto quella europea.
E però difficile stabilire cosa succede nei singoli tratti.
Si pensa, per esempio, che con i terremoti dellUmbria e delle Marche, oltre alla subduzione della placca africana, ci sia stata anche unestensione al di sopra di essa dl quella europea.
Ancora più complessi sono i fenomeni di straordinaria imponenza che avvengono nel tratto compreso tra IEtna e le coste calabre.
Lunico dato certo è che nel Centro-nord i terremoti sono sempre meno violenti e frequenti che nel Sud, dove non di rado sono arrivati allundicesimo grado della scala Mercalli. Non a caso sono le regioni meridionali a preoccupare di più i sismologi per il futuro
La teoria dei mattoni
Gli esperti erano concordi: giorno, intensità e punto esatto dei terremoti sono imprevedibili. Oggi però Ross Stein dellUs Geological Survey, propone una nuova teoria, detta "dello stress transfer".
Corda elastica. Stein lha illustrate tirando una corda elastica attraverso una fila di mattoni: quando la tensione supera lattrito con il suolo, il primo mattone scivola in avanti, diminuendo la tensione nel primo tratto di corda e aumentandola nel secondo. Continuando a tirare, i mattoni scivolano in istanti diversi e per tratti di differente lunghezza, ma ogni spostamento rende più probabile un movimento del mattone che segue. Nei terremoti è lo stesso, dice Stein: la tensione della corda corrisponde al moto delle placche e il movimento del mattone al terremoto. Un modello informatico di questa teoria nel quale erano inseriti i dati di terremoti del passato ha dato buoni risultati: le scosse di assestamento si sono distribuite secondo le previsioni. Il modello di Stein, quindi, permetterà di calcolare la distribuzione delle scosse di assestamento dopo quella principale. Un primo passo verso la previsione di questultima.