Vulcani
Le eruzioni sono i fenomeni naturali più catastrofici del pianeta:
quella del Pinatubo, nel 1991, scagliò nel cielo
10 miliardi di m3di ceneri e gas fino ad unaltezza di 40 Km,
distruggendo 42.000 edifici e seppellendo 80.000 ettari di territorio.
"Ci siamo resi conto che un vulcano è come un enorme bestia cieca, il cui comportamento va al di là della comprensione degli uomini, per quanti sforzi facciamo". Così Katia e Maurice Kraft definirono cosè un vulcano, loro che di vulcani e studiarono e osservarono a decine, prima di morire sotto leruzione dell'Unzen, in Giappone, nel 1991.
Una definizione colorita, ma forse più efficace di quella classica, nella quale si descrive il vulcano come un condotto, il camino vulcanico, che sfocia sulla superficie terrestre con una o più bocche. Il camino unisce la parte visibile del vulcano a un serbatoio, la camera magmatica in cui è presente materiale roccioso allo stato fuso, il magma.
l deposito di magma si trova alla profondità di qualche km ed è alimentato da materiale che proviene da strati ancora più profondi della crosta e, in alcuni casi, direttamente dal mantello se non dal nucleo. Il materiale che raggiunge la superficie (a questo punto si chiama lava) si accumula in prossimità della bocca dando vita, colata dopo colata, a un edificio vulcanico che, nella maggior parte dei casi ha forma conica, anche se a volte si formano grandi "plateau", cioè immense distese pianeggianti.
Lattività dei vulcani non è continua ma articolata in tanti episodi eruttivi, di durata molto diversa da un vulcano allaltro, ma anche nella storia di uno stesso vulcano. Il Vesuvio, per esempio, nel 1812 eruttò dall1 al 4 gennaio, ma il 7 giugno del 1891 iniziò uneruzione che durò sino al 3 febbraio del 1894.
EFFUSIONI ED
ERUZIONI
Le eruzioni vulcaniche possono
variare tra due forme estreme, da quella "effusiva"
a quella "esplosiva". Nel primo caso
dalle bocche esce lava fluida che sale dal
serbatoio tranquillamente fino alla superficie, per poi
traboccare dal margine della bocca vulcanica, a volte dopo aver
riempito un lago di lava.
I gas, che pure sono presenti in abbondanza nel magma, si separano dalla massa liquida in modo non violento. Si hanno così colate laviche che scorrono come fiumi senza creare grandi danni, fatta eccezione per ciò che incontrano sul proprio cammino. Un esempio è il Kilauea, nelle Hawaii.
A far da contraltare vi sono i vulcani
esplosivi, dove la lava è frammentata e proiettata molto lontano
dal gas che si libera con estrema violenza. In questo caso, la
quantità di magma che raggiunge la superficie in forma liquida
è limitata, perché lazione dei gas lo riduce in frammenti
emessi sotto forma di materiale piroclastico, cioè ceneri e
lapilli.
Talvolta le esplosioni sono così violente che il cono vulcanico
stesso viene sventrato e distrutto. Tra i due estremi vi sono
numerose situazioni intermedie.
E stato calcolato che ogni anno il magma emesso globalmente dai
vulcani attivi si aggira attorno ai 30 chilometri cubi. Poco? Se
la lava potesse essere usata per ledilizia, al posto di
sabbia, ghiaia e cemento, questa quantità sarebbe dieci volte
superiore al fabbisogno mondiale di materiali da costruzione.
Con il termine "lave" un tempo si indicava tutto ciò che usciva dalla bocca dei vulcani. Oggi si preferisce parlare di lava solo per indicare la roccia fusa.
Ma, anche così, esistono vari tipi di lave, catalogabili sulla base del contenuto di silice, che ne determina la viscosità: un minor contenuto di silice rende per esempio la lava più fluida, influenzando il tipo di eruzione e la velocità delle colate.
Lave molto ricche in silice sono le sono le rioIiti, vetrose e rossicce, mentre povere sono i basalti, neri e compatti.
Gas e vapori. Ma le lave non sono lunico materiale emesso durante uneruzione. Ci sono anche i gas e i vapori. Al primo posto cè lacqua, in una percentuale che di solito è superiore al 50 per cento e che può arrivare addirittura aI 98 per cento. Lacqua è associata a quantità variabili di ossido di carbonio (CO), anidride carbonica (CO2), idrogeno (H2), zolfo (S2), anidride solforosa (SO2), anidride solforica (C03), cloro (Cl2), azoto (N2) e gas rari. La quantità dacqua liberata sotto forma di vapore durante leruzione del 1945 del vulcano Paricutin, in Messico, risultò aggirarsi attorno alle 13 mila tonnellate al giorno. Anche per questo, dopo uneruzione le precipitazioni possono essere molto intense.
Plroclasti. Vi sono poi le parti solide, cioè i materiali piroclastici. Si tratta di particelle di varia natura che, durante la fase esplosiva delleruzione, sono lanciate ad altezze di parecchie centinaia di metri per poi ricadere al suolo sotto lazione della forza di gravità, disegnando nel cielo scie di fuoco. I piroclasti sono classificati in base alle dimensioni: fino a 2 mm di diametro sono ceneri, tra 2 mm e 6 cm lapiIli, sopra i 6 cm bombe vulcaniche. Le "bombe" più massicce raggiungono anche le 100 tonnellate. Alla ricaduta, i frammenti piroclastici si cementano tra loro formando tufo, se i materiali che li costituiscono sono piccoli, altrimenti vanno a formare le "brecce vulcaniche".
COSI' ERUTTANO
I vulcani sono presenti soprattutto
dove le zolle della crosta terrestre si
scontrano, producendo magmi meno densi delle rocce circostanti,
che quindi tendono verso lalto.
Ma che cosè a innescare la singola eruzione? Tutto dipende
dalla risalita di gigantesche bolle di magma, capaci di aprirsi
una strada tra le rocce della crosta, a volte sfruttando fratture
preesistenti.
Lascesa può impiegare anni, ma quando esiste un percorso
tracciato (per esempio nei vulcani che hanno già eruttato) può
avvenire alla velocità di qualche metro al secondo.
Di norma il magma profondo non raggiunge direttamente la superficie, ma si accumula nella camera magmatica. Questo perché nellascesa perde calore, diventa più viscoso e scorre più lentamente. Può incontrare, inoltre, rocce con densità identica alla sua, che tendono a farlo ristagnare.
Leruzione prende avvio quando nella
camera magmatica, attraverso rifornimenti successivi, si accumula
una quantità di magma tale che i gas presenti, concentrandosi
verso lalto, fanno "saltare" il tappo
sovrastante.
Ecco perché lapprossimarsi di uneruzione di solito
è avvertibile sotto forma di sismi di bassa
intensità, con origine nelle rocce che circondano la camera
magmatica. Quando la roccia cede sotto la pressione del gas,
inizia leruzione.
I NIDI DEI
VULCANI
Benché i vulcani conosciuti siano
circa un migliaio, solo 500 hanno mostrato una certa attività in
tempi storici e quindi sono da considerarsi "vulcani
attivi", che oggi interessano la vita di circa 300
milioni di persone.
Ma non tutte le aree sono a rischio, dal momento che quasi tutti
i vulcani sono concentrati in aree particolari che, tra
laltro, sono sede anche di frequenti terremoti. Le zone
interessate al fenomeno del vulcanesimo possono essere così
suddivise.
Dorsali medio oceaniche. Sono le grandi fratture che separano le zolle della Terra. Lungo tali aperture della crosta i magmi del mantello vengono a giorno.
Dalle dorsali sono emesse lave fluide, che formano i fondali oceanici. La dorsale che divide loceano Atlantico è lunica che affiora in superficie, dando vita allIslanda.
Con ogni probabilità, la grande fossa tettonica africana rappresenta, insieme al Mar Rosso, una nuova dorsale mediooceanica in via di formazione.
CIntura dl fuoco circumpacifica. E larea meno tranquilla di tutta la Terra, dove è concentrato più del 60% dei vulcani attivi esplosivi.
Si tratta della fascia che borda tanto le coste orientali che quelle occidentali delloceano Pacifico, dove la concentrazione di vulcani giustifica il nome di "cintura di fuoco".
I vulcani eruttano in modo esplosivo con lave dense, emettendo nubi di gas che possono raggiungere i 40 km daltezza.
Sono dorigine vulcanica le cime più alte delle catene montuose della costa americana del Pacifico, le Montagne Rocciose e le Ande.
PuntI caldi. Sono aree oceaniche o continentali in cui si incontrano edifici vulcanici nati su "pennacchi" (plume) di materiale caldo in risalita da zoe profonde del mantello addirittura dal nucleo sterno, a circa 2.900 chilometri di profondità.
Una stranezza: certe file di vulcani nascono dal fato che i plume in risalita, rimangono fissi nel mantello, mentre le zolle di crosta terrestre sovrastanti si muovono.
Uno degli esempi più noti di plume è quello che ha dato origine alle isole Hawaii. E attivo da più di 70 milioni di anni e alimenta tuttora enormi fiumi di lava.
I vulcani emergono dal mare solo per i primi 1.700 metri dal punto di risalita del plume, gli altri, erosi dal mare e dagli agenti atmosferici, sono diventati vulcani sottomarini ormai spenti.
Un censimento dei punti caldi di tutto il mondo ne ha contati 120, considerando solo quelli attivi negli ultimi 10 milioni di anni.
Le ultime scoperte sulle bocche da fuoco italiane:
lEtna erutta magma africano, i Campi Flegrei sono molto più estesi del previsto,
e sul fondo del Tirreno sinnalzano vulcani alti migliaia di metri.
Quanti sono i
vulcani italiani?
A memoria vengono in mente lEtna,
il Vesuvio, lo Stromboli, i Campi
Flegrei, Vulcano e poi quella serie di
15-20 crateri ormai spenti e trasformatisi in laghi che
caratterizzano lItalia centrale.
In realtà, i vulcani italiani sono di più, e non si sa quanto
pericolosi possano essere.
Ne è conferma la recente scoperta fatta da ricercatori del CNR
italiano a proposito del vulcano gigante MARSILI, 70 chilometri a sud di Salerno ma 540 metri sotto
la superficie del mare.
I vulcanologi sapevano già della sua esistenza, ma non ne
sospettavano le dimensioni: ha un diametro di 40-50 chilometri e
la sua bocca sinnalza a 3265 metri dal fondo marino. Non
sfigura se confrontato con lEtna.
UN SONNO DI MILIONI DI ANNI
Michele Marani del CNR ha coordinato le ricerche: «Sebbene conoscessimo da tempo lesistenza del vulcano, non immaginavamo potesse essere così grande e, soprattutto, non si pensava che vi potessero essere così tanti vulcani satellite che gli fanno corona.
A chi ha ipotizzato una possibile eruzione del vulcano, Lucia Civetta, direttrice dellOsservatorio Vesuviano, ha replicato: «La possibilità di uneruzione di Marsili è solo teorica, perché parliamo di un gigante che sta dormendo da milioni di anni».
Durante i rilevamenti, condotti percorrendo 35 mila chilometri sul Mar Mediterraneo al fine di fotografare con un radar landamento del fondo marino, è stato studiato anche un altro vulcano, situato tra la Sardegna e il Lazio. Chiamato VAVILOV, sembra avere unetà di circa 7 milioni di anni.
I due vulcani dovrebbero possedere depositi di rame, zinco e piombo, interessanti anche dal punto di vista minerario.
Le ultime scoperte, però, hanno soprattutto rinfocolato unantica paura: se i vulcani sottomarini ritornassero in attività, o se dalle loro pareti franassero antiche colate di lava solidificata ma ancora instabile, si potrebbero produrre forti maremoti che interesserebbero aree costiere della Campania, della Calabria e della Sicilia.
Ma si tratta di un pericolo remoto, se non inesistente, perché nessuna cronaca da duemila anni a questa parte riporta alcun evento simile.
E molto probabile, infatti, che tutti quei vulcani siano in uno stadio di quiescenza e che le colate laviche risalenti a centinaia di migliaia di anni fa si siano ormai stabilizzate. Ciò non toglie che sui fianchi del Marsili siano state osservate grandi frane.
Antichissime? Probabilmente sì, ma tali da indurre i ricercatori ad avviare una fase di monitoraggio automatico del vulcano, che inizierà dal giugno del 2000.
Oltretutto, un vulcano sottomarino che abbia eruttato in tempi recenti cè davvero: quello che ha dato origine, nel luglio 1831, a una nuova isola a metà strada tra la Sicilia e Pantelleria. Chiamata Ferdinandea, lisoletta visse sei mesi e poi sparì.
SORVEGLIATI SPECIALI
Le ricerche sui vulcani italiani hanno portato anche ad altre scoperte. Contrariamente a quanto si era sempre pensato, per esempio, da unanalisi dellarea unito a quella delle eruzioni avvenute dal 500 dopo Cristo risulta che la caldera dei Campi Flegrei non termina a Punta Marmolite (Quarto) ma si estende fino ai confini con la provincia di Caserta.
Conseguenze? «La principale è che adesso bisognerà far rientrare allinterno dellarea dei Campi Flegrei anche comuni come Giugliano, Villaricca, Qualiano e Parete. Il loro rischio vulcanico e sismico va dunque riconsiderato».
MAGMA DALL'AFRICA ALL'ETNA
Unaltra scoperta recentissima risponde a unantica domanda dei vulcanologi: dove trova alimento lEtna, il vulcano attivo più grande dEuropa?
I suoi magmi, infatti, sono chimicamente diversi da quelli derivanti dalla subduzione ionica, cioè dallo scontro tra il Mar Ionio e lAdriatico.
La zolla ionica, che si fonde infilandosi sotto quella adriatica, dà invece origine ai magmi che alimentano le Isole Eolie.
Ora, una ricerca condotta dalla Stanford University (California) ha permesso di capire che la subduzione ionica è coinvolta anche con lEtna, ma solo indirettamente: essa crea infatti una frattura tra la crosta e il mantello, da cui lEtna risucchia magma che si trova sotto lAfrica.
Questo spiega non solo la composizione chimica delle lave etnee, ma anche lalimentazione continua di cui il vulcano usufruisce.
SIMULAZIONE DI ALLARME
È il 18 novembre 1999 quando lOsservatorio Vesuviano che controlla lattività del Vesuvio comunica al Gruppo Nazionale di Vulcanologia e al Dipartimento della Protezione civile che persiste laumento della temperatura delle fumarole di circa 70C.
I dati segnalano che il flusso di anidride carbonica allinterno e ai bordi del cratere è triplicato: il Vesuvio potrebbe entrare in attività. Per fortuna lallarme è soltanto simulato, ma serve per dare il via allesercitazione "Vesuvio 99" che ha coinvolto un campione di 500 persone (quattro classi di alunni delle elementari e due di media inferiore con i relativi familiari) di Somma Vesuviana.
La pioggia ha reso più realistica lesercitazione, quando alle 9 del mattino del 21 novembre, 14 autobus hanno prelevato le persone e si sono indirizzati verso lautostrada per Avezzano, la cittadina abruzzese scelta come luogo di raccolta degli sfollati.
Lesercitazione è riuscita, ma non ha lasciato tutti soddisfatti. Secondo i sindaci delle cittadine vesuviane, infatti, sono troppo poche le vie di fuga m caso di reale eruzione del Vesuvio.
E uneventuale eruzione del Vesuvio potrebbe interessare 6700 mila persone.
Attualmente, tuttavia, secondo il parere concorde degli esperti, nulla fa pensare che il Vesuvio sia davvero sul punto di risvegliarsi.