Relatività
Il concetto
di relatività è ormai profondamente radicato
nella cultura moderna. Tutti capiamo che due automobili
affiancate hanno una velocità "relativa" uguale a zero
e che, in genere, molti valori misurabili dipendono
dallosservatore.
Grazie a Einstein, abbiamo poi capito che perfino
masse, tempi e lunghezze dipendono dallosservatore.
Tanto da far diventare quasi un proverbio la frase "tutto è
relativo
Una frase sbagliata, peraltro: in natura esistono
valori assoluti (come la velocità della luce)
e valori relativi (come il movimento),
solo che spesso le apparenze ingannano.
Tre secoli di
intuizioni.
Qui di seguito abbiamo riassunto le principali conclusioni
raggiunte su questo argomento in quasi 3 secoli dalle prime
intuizioni di Galileo Galilei nel Seicento, alle
conclusioni elaborate allinizio del Novecento da Albert
Einstein.
Come potevano i nostri antenati essere così ingenui da credere che fosse il Sole a girarci intorno? La risposta arrivò quattro secoli fa: era tutta colpa della relatività.
Cera una cosa che Copemico non riusciva a capire. Per lui era ovvio che fosse la Terra a girare intorno al Sole: secondo i calcoli filava a ben 30 chilometri al secondo... ma,si chiedeva, perché non ce ne accorgiamo? Fu Galileo Galilei a risolvere lenigma: è impossibile distinguere un sistema in orbita da uno in quiete, perché il concetto di "stare fermi" è relativo.
Tutto qui, e le conseguenze più radicali di questo principio furono sviluppate da Einstein in due scritti storici: la relatività ristretta (che però contiene ancora una forte semplificazione poichè non tiene conto della gravità) e la relatività generale.
Le intuizioni di Galileo, e quelle dello scienziato britannico Isaac Newton, considerato con Galileo padre della scienza moderna, non si possono però riassumere nella sbrigativa affermazione che "tutto è relativo". Al contrario, sono servite a stabilire che cosa dipende dal punto di vista e che cosa no.
COME UNA BARCA
NELLOCEANO
Il principio di relatività
classico fu enunciato da Galileo: "E impossibile
distinguere sulla base di misure meccaniche un sistema in moto
rettilineo uniforme da uno in quiete". Sembra ovvio, ma a quei tempi non si sapeva
nemmeno che cosa fosse il moto rettilineo uniforme, e per
spiegare il concetto ai contemporanei, Galileo descrisse in
dettaglio - nellopera Discorsi E Dimostrazioni Intorno A
Due Nuove Scienze, del 1638 - un "esperimento pensato".
In sintesi, questo era lesperimento: Chiudetevi con alcuni amici nella cabina principale di una grande nave, sotto coperta, e prendete con voi alcune mosche, farfalle, o altri piccoli animali volanti. Riempite dacqua una vasca e mettetevi alcuni pesci; appendete una bottiglia che si svuoti goccia dopo goccia in un vaso sottostante.
Quando la barca è ferma, osservate attentamente come gli insetti volino con uguale velocità in tutti i lati della cabina. I pesci nuotino indifferentemente in tutte le direzioni; le gocce dacqua cadano nel vaso sottostante... quando avrete osservato tutte queste cose attentamente, fate avanzare la barca alla velocità che volete, purché il moto sia uniforme e non vi siano oscillazioni qua e là.
Scoprirete che nessuno degli eventi sopra citati è cambiato minimamente, né potrete dire da alcuni di questi se la barca si muove o è ferma. Le gocce cadranno come prima nel vaso, senza deviare a poppa, nonostante il fatto che mentre le gocce sono in aria la barca si muove di una lunghezza corrispondente a molti ponti. I pesci nella loro acqua nuoteranno verso prua senza meno fatica che verso poppa e raggiungeranno con uguale facilità tutti i punti della vasca. Infine, le farfalle e le mosche continueranno a volare indifferentemente verso ogni lato.
Senza ricorrere a formule o strumenti
elettronici, Galileo si accorse quindi che non ha senso parlare
di "quiete" o di "moto", ma solo di moto relativo (sempre sulla base
di esperimenti meccanici, gli unici allora noti).
Una conseguenza meno ovvia è che questo concetto cambiò il modo
di considerare lo spazio-tempo.
In precedenza, infatti, si pensava allo spazio come al "posto" in cui si susseguivano gli eventi, e dunque la frase "nello stesso posto in tempi diversi" aveva un valore assoluto.
Ma per un osservatore sulla barca di Galileo, per esempio, un pesce (o una farfalla) possono tornare "nello stesso posto" dopo qualche minuto, mentre per un osservatore sulla banchina del porto, la barca si sarà comunque mossa: nessuno degli animali quindi può tornare "nello stesso posto".
TEMPI E MASSE
Galileo introdusse molti altri concetti che servirono come punto
di partenza a Isaac Newton per sviluppare la teoria completa
della meccanica classica. Le nozioni più importanti sono quelle
di spazio tempo, velocità, accelerazione, forza e massa.
Una delle osservazioni più importanti di Galileo fu che le oscillazioni di un pendolo possono essere prese come punto di riferimento per misurare il tempo, e quindi il movimento. Galileo fu il primo nella storia ad accorgersene, e anche il primo in assoluto ad avere una chiara concezione di che cosa sia il movimento. Lo scienziato italiano notò anche che se su un corpo non agisce alcuna forza, questo continua a muoversi di moto rettilineo uniforme.
Anzi, la forza è definita proprio come "ciò che produce unaccelerazione", come la spinta di un braccio (che fa aumentare la velocità) o lattrito di una superficie (che la fa diminuire). Ma per accelerare una palla di piombo occorre fare più fatica che per accelerare una palla di legno delle stesse dimensioni. In altre parole, a parità di forza esercitata, laccelerazione di un corpo è inversamente proporzionale alla sua "quantità di materia", ossia alla sua massa inerziale.
Non solo, ma lasciando cadere oggetti dalla torre di Pisa, il grande scienziato capì che laccelerazione di gravità è esattamente la stessa per tutti gli oggetti, ossia che "peso" (massa gravitazionale) e massa (inerziale) sono la stessa cosa. E per questo che una palla di legno e una di piombo cadono dalla torre di Pisa esattamente nello stesso modo.
Una osservazione profetica che ad Einstein sarebbe servita come base per la teoria della relatività generale.
Crollano le
certezze:
tempi, masse e lunghezze diventano indeterminati.
Lunico punto fermo è la velocità della luce.
Alla fine dell800 James Clerk
Maxwell aveva completato la sua teoria dei fenomeni elettrici, magnetici ed
elettromagnetici.
Tra gli scienziati, però, regnava il malcontento, perché la
nuova teoria prevedeva che la luce avesse - nel vuoto - una
velocità di 300 mila chilometri al secondo, ma non diceva rispetto a che cosa, quando ormai
era assodato che la velocità dipende sempre dal sistema di
riferimento.
Alla fine prevalse lopinione che la velocità della luce fosse calcolata rispetto all"etere", un mezzo ipotetico con la sola funzione di far propagare le onde elettromagnetiche.
Ma quando Albert Michelson ed Edward Morley decisero, nel 1887, di misurare la velocità della Terra rispetto alletere, confrontando i percorsi di due raggi di luce, ebbero una grossa sorpresa: la velocità della luce è sempre perfettamente la stessa, sia nella direzione dellorbita terrestre sia in quella perpendicolare.
IL FANTOMATICO
ETERE
Questo risultato portava a parecchi
paradossi, per esempio faceva crollare il concetto di
contemporaneità: due eventi potevano essere simultanei per un
osservatore e separati per un altro osservatore. Inoltre, negava
(apparentemente) la relatività galileiana: la velocità della
luce diventava, infatti, assoluta.
Un fatto così sconvolgente, per lepoca, che nemmeno
Michelson, uno degli autori del fallito ma importantissimo
esperimento del 1887, riuscì mai ad accettarne la conseguenza
più clamorosa: la teoria della relatività ristretta di
Einstein.
Come consolazione, tuttavia, Michelson ricevette il premio Nobel,
primo tra gli americani.
Einstein capì che non cera bisogno delletere, e che le equazioni di Newton erano approssimate: funzionavano bene solo per velocità non troppo elevate. Il principio di relatività di Galileo, invece, non andava per nulla abbandonato, anzi, andava esteso anche alle misure elettromagnetiche: "E impossibile distmnzuere. sulla base di misure di qualunque tino. un sistema in moto rettilineo uniforme da uno in quiete".
LUNGHEZZE CHE
SI ACCORCIANO
Buttati via i vecchi libri di fisica, Einstein cominciò a
rivedere i concetti di spazio e tempo, partendo da ununica
certezza: la velocità della luce non varia.
Il primo concetto da modificare, come già abbiamo detto, era quello di simultaneità: lapparente paradosso nasce dal fatto che due orologi distanti, per sincronizzarsi, devono scambiarsi messaggi che si propagano - al più - alla velocità della luce.
Ma se si perde la simultaneità, allora anche lordine degli eventi finisce per dipendere dal punto di vista!
Per esempio può accadere che, in una gara di tiro con larco, un osservatore veda la freccia piantarsi nel bersaglio prima ancora che larciere la scocchi. Einstein dimostrò penò che a questo estremo si arriverebbe solo superando la velocità della luce
E se il tempo si deforma, cosa succede allo spazio? Einstein si rese conto che la lunghezza di un oggetto in movimento dipende dal tempo, perché indica la posizione delle sue estremità nello stesso istante. E siccome il concetto di simultaneità è relativo, anche la lunghezza diventa relativa: un oggetto in movimento appare contratto nella direzione del moto.
UN TRENO
ULTRARAPIDO
Riassumiamo con un esempio: siamo alla stazione e vediamo passare
un treno velocissimo. I suoi passeggeri, il treno stesso, e tutti
gli oggetti interni sarebbero contratti nella direzione del moto,
e i loro movimenti sarebbero molto lenti. E come vedrebbero i
passeggeri del treno le persone e gli oggetti della stazione?
Precisamente allo stesso modo: accorciati e rallentati. Strano?
Niente affatto: se vediamo una persona in lontananza e ci appare
rimpicciolita, non ci sogniamo affatto che laltra persona
veda noi ingigantiti!
Ma le sorprese non finiscono qui. I passeggeri a bordo del treno, insieme al treno stesso, sarebbero anche incredibilmente pesanti. Einstein giunse a queste conclusioni come inevitabile conseguenza delle sue equazioni: fissando il valore di una grandezza, ne risultavano alterati tutti gli altri.
Unaltra conclusione, forse la più famosa, è lequivalenza tra massa ed energia, riassunta nellequazione E = mc2.
La stessa equivalenza si può esprimere dicendo che la massa di un corpo in quiete non è altro che una manifestazione dellenergia delle parti che lo compongono.
E per questo che non si può aumentare la velocità di un oggetto indefinitamente: oltre un certo punto I energia aggiuntiva va ad aumentare la massa non la velocità E più la velocità cresce, più questi effetti si ingigantiscono. Alla velocità della luce il treno sarebbe allo stesso tempo infinitamente corto e infinitamente pesante.
SCONTRI AL
RALLENTATORE
Speculazioni? No di certo, ma sono pochi i casi in cui le
velocità diventano così alte da costringerci a mettere da parte
le formule di Newton e usare quelle, più precise, di Einstein.
Un esempio sono gli acceleratori di particelle, come il LEP al
CERN di Ginevra dove gli elettroni arrivano ad avere masse
diecimila volte maggiori di quella normale, e si
"scontrano" quasi al rallentatore.
Dallultima
parte della teoria di Einstein derivano i concetti più curiosi:
raggi di luce curvi, buchi neri e onde gravitazionali.
Einstein non era soddisfatto. Sì, la teoria della relatività ristretta
funzionava bene, ma soltanto per i sistemi inerziali
(in altre parole, non era applicabile ai sistemi accelerati).Quando però si esce dallastratto mondo dei modelli matematici e si entri nel mondo reale, una teoria del genere serve a poco perché i sistemi accelerati sono ovunque. E accelerato un aereo che decolla, ma è accelerata anche una semplice giostra da luna park, perché ogni rotazione (che comporta un cambiamento nella direzione della velocità) equivale ad unaccelerazione
FISICA IN
CADUTA LIBERA
Bisognava quindi generalizzare la relatività. i questo punto
Einstein, rimuginando sul significato di accelerazione, ricordò
gli esperimenti di Galileo dalla torre di Pisa ed ebbe
unaltra illuminazione:
Immaginiamo di trovarci in un ascensore in caduta libera, con tutta la strumentazione possibile a disposizione per determinare il nostro stato di moto.
Quale sarà il risultato delle misure? Risposta: sarebbe proprio come trovarsi nello spazio in assenza di gravità. Infatti, tutti gli oggetti e gli strumenti di misura cadrebbero insieme a noi, e quindi è come se non fossero accelerati per niente.
GRAVITÀ
ARTIFICIALE
La conclusione di Einstein è apparentemente banale: "Ogni sistema in caduta
libera è localmente equivalente a un sistema inerziale".
Ma attenzione: bisogna specificare "localmente",
perché il principio è valido solo se le dimensioni del nostro
ascensore sono piccole rispetto a quelle della Terra, e durante
un tempo breve rispetto a quello di caduta.
Il risultato è che tutte le leggi della relatività ristretta si possono ugualmente applicare ai sistemi in caduta libera, anche se solo localmente.
Al contrario, trovarsi fermi in un campo gravitazionale, come quello terrestre, equivale a trovarsi in un sistema accelerato senza gravità, per esempio su unastronave che sta accelerando (e infatti in molti romanzi di fantascienza si parla di gravità "artificiale" indotta dallaccelerazione o dalla rotazione).
Insomma, nellintento di generalizzare la teoria della relatività ristretta, Einstein si trovò a doversi confrontare con la teoria della gravitazione universale di Isaac Newton, e ne approfittò per rivoluzionare anche questa.
UNO
SPAZIO-TEMPO CURVO
Ecco, infatti, quali sono le conseguenze del principio dequivalenza esposto poco fa: immaginiamo che un aereo riesca a
evitare, con unimprovvisa accelerazione, un raggio laser
sparatogli contro. In generale noi sappiamo che la luce si
propaga in linea netta, ma dal punto di vista del pilota (cioè
nel suo sistema di riferimento) il raggio laser percorre una
traiettoria curva, evitandolo.
Per via del principio dequivalenza, si può ugualmente
pensare che il pilota fosse fermo in un campo gravitazionale e
quindi si può dire che un campo gravitazionale fa curvare i
raggi di luce.
Einstein pensava allo spazio-tempo come a un complesso reticolo ondulato, nel quale la luce fosse obbligata a seguire le ondulazioni. Il passo successivo fu quello di associare questa curvatura alla gravità: ogni corpo piega lo spazio-tempo proprio come farebbe una boccia posta su un telo elastico teso. E ovvio che la deformazione non riguarda solo lo spazio ma anche il tempo, che ormai sono da considerarsi entità inscindibili.
A questo punto il gioco era quasi fatto, ma bisognava ancora scrivere le formule. Un lavoro che richiese a Einstein una decina danni, e che probabilmente fu possibile solo grazie allaiuto del matematico italiano Tullio Levi Civita, che proprio in quel periodo aveva sviluppato una nuova tecnica matematica: il "calcolo tensoniale". Adattissima a equazioni che devono descrivere uno spazio-tempo curvo.
Nel 1915 la teoria era finalmente completa, e rispondeva finalmente a una domanda irrisolta della gravitazione di Newton: a che velocità si propaga la gravità? Semplice, rispose Einstein: alla stessa velocità della luce.
PROVE
SPERIMENTALI
Una teoria così rivoluzionaria andava sperimentata. E fu così
che leminente fisico britannico Arthur Eddington
organizzò nel 1919 una spedizione sullisola di Principe,
al largo della costa africana, per osservare la posizione delle
stelle vicino al sole durante uneclissi totale.
Le osservazioni dimostrarono che il campo gravitazionale solare
devia i raggi di luce emessi dalle stelle situate dietro il disco
solare... e proprio nella misura predetta da Einstein.
Lo stesso principio è alla base del fenomeno delle "lenti gravitazionali". Un campo gravitazionale molto intenso, infatti, può deformare lo spazio-tempo a tal punto da funzionare come una lente dingrandimento e consentire lo "zoom" di galassie così lontane che non potrebbero essere viste altrimenti. E al tempo stesso sdoppiando la loro immagine.
Altre importanti conferme della teoria della relatività generale arrivarono negli anni Sessanta, quando verificarono che il tempo scorre tanto più lentamente quanto più forte è il campo gravitazionale. Sulla Terra leffetto è piccolissimo, ma è stato misurato da Robert Pound e Geonge Rebka, grazie a due orologi atomici posti nel seminterrato e sul tetto di un edificio alto 23 metri La differenza è piccolissima (lorologio in cantina impiegherebbe 32 milioni di anni per restare indietro di un secondo), ma aumenta quanto più si sale in quota, e diventa gigantesca in prossimità delle stelle più dense.
Quando poi due stelle dense sono così vicine tra loro da ruotare luna intorno allaltra in poche ore (come per la pulsar PSR 1913+16), il sistema dovrebbe emettere onde gravitazionali, cioè vibrazioni dello spazio-tempo, e le due stelle dovrebbero accelerare la rotazione avvicinandosi sempre più luna allaltra. Questaccelerazione è stata osservata, confermando ancona una volta la relatività generale.
Manca ancora una prova: captare unonda gravitazionale. Sarebbe il definitivo trionfo di una teoria che ha finora sconfitto ogni scetticismo.
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